1 la visita di Dio nella nostra storia.
Luca ci dice il tempo e il luogo precisi in cui Gesù nasce. È un tempo, come il nostro, dove fa cronaca la storia dei potenti che vogliono stringere in pugno le sorti della terra e in cui la storia dei semplici fa da corollario spesso insignificante: giorni di fatica e di obbedienza a un quotidiano a tratti difficile e a tratti pieno di sorprese. Proprio in questo tempo Dio decide di piantare i paletti della sua tenda, di volerci stringere a sé in un abbraccio che è condivisione totale, comunione, vicinanza, prossimità. Creatura e Creatore si danno appuntamento nella carne di quel bambino. Sotto i nostri giorni scorre il fiume della Storia di Dio con noi, palpita un Regno in cui sono sovvertite tutte le logiche del mondo e in cui ritrova valore e conta solo l’Amore. Cambia tutto se iniziamo a considerare così il nostro tempo: ci sentiremo liberati dal peso di un nulla che sembra volerci inghiottire alla meta delle nostre tante corse. Il tempo diventa occasione di incontro con questo Dio per imparare ad amare ogni fratello, i giorni carichi di dovere, se vissuti in questo abbraccio, sono occasione di santità e dalle nostre case si sprigionerà un tale potenziale di novità da sovvertire e da rivoluzionare l’intera città.
2 il segno paradossale. Il silenzio di Dio o la presenza di Dio dove non ce lo aspetteremmo?
Questo è il segno: un bambino, piccolo, appena nato, avvolto in fasce e che sta in una mangiatoia. Vorrei, se permettete, togliere per un attimo la patina di poesia a questa scena e rileggerla in tutta la sua scarna prosaicità. Provo a mettermi nei panni di Giuseppe e più ancora nei panni di Maria. Perché a loro, in quella notte, non è apparso nessun angelo a confortarli ma si sono sentiti addosso solo il rifiuto di mille porte sbattute in faccia. Avevano il compito di dare a questo bambino un futuro, una dignità e trovano solo lo squallore di una stalla dove appoggiare la loro stanchezza e la vulnerabilità di questo cucciolo. Io credo che quella notte la loro gioia sia stata velata di malinconia e di tristezza, e si saranno chiesti con tutta probabilità dove fosse Dio e la sua onnipotenza, dove si fosse cacciata la promessa del riscatto d’Israele, come mai tutto quel silenzio. E hanno stretto fra le mani solo la fragilità di quel piccolo. Ma questo è ormai il modo di essere di Dio. Fragile per essere accolto con un atto libero e non per imposizione, debole ed è tolto per sempre il pregiudizio di un Dio distante, giudice, nemico. Ritratto per farci spazio. Ferito per prendere fra le mani tutte le nostre ferite e trasformarle in feritoie di luce.
3 i pastori e noi come loro: più si è deboli e più si è adatti all’amore trasformante di Dio.
E infine lo sguardo cade sui pastori, su questa gente giudicata come poco di buono, abbruttiti come le loro bestie, distanti e non poco dai precetti rituali della loro religione. Uomini che vivevano confinati e che su di sé non nutrivano più speranza alcuna. Proprio per loro quella notte il cielo si squarcia, sui loro destini segnati e sui loro orizzonti chiusi, e, come a nessun altro è dato, assistono, loro ripiegati nello squallore, al concerto più bello che l’umanità abbia ascoltato. Più si è deboli e più si è adatti all’amore trasformante di Dio. Non c’è punto così basso in cui l’uomo sia caduto che Dio non lo voglia prendere in braccio e portarlo a casa. E loro vedono il segno, lo sanno interpretare e tornano nei loro villaggi carichi di una Parola che non può essere trattenuta.
Buon Natale fratello, perché buono è il Signore che nasce anche per te; è per te oggi il sorriso di Dio.
Buon Natale, comunità amata di S. Lucia
I vostri sacerdoti